Nello spazio inaugurato un anno fa a Salina, nelle Isole Eolie, dopo le installazioni di Robert Wilson e le mostre fotografiche di Fabio Caramaschi e Rita Antonioli, si inaugura il 24 giugno una collettiva di otto artisti italiani a cui e’ stato chiesto di riflettere sul tema dell’abitare, dell’isola, del “viandante”. Ma non il “viandante” inteso come colui che oggi viene e domani va, bensì colui che oggi viene e domani rimane. In cosa si identifica questa continua incertezza, quali oggetti, storie, immagini possono dare una stabilità o altro, che modifichino le nostre identificazioni ?
La proposta nasce da queste domande e nasce per un’isola (Salina), in cui il mare stabilisce un confine naturale: la costa ne segnala il margine per un attimo, per cancellarlo subito dopo e ogni volta ridisegnarne uno differente.
Fin dai tempi dei Micenei e dei Fenici, dei Romani, degli Arabi le isole sono sempre stati luoghi di incontro e di scambio di civiltà antichissime e mantengono inalterato il loro conturbante fascino accogliendo altri mondi distanti e diversi con i quali misurarsi. Le isole si possono guardare dalla prospettiva di chi parte, ma anche di chi rimane. E cosi’ si pensa allo “straniero” che deve ogni volta riorganizzare il proprio spazio, rimisurarlo, ridefinire i limiti e le soglie non necessariamente geografiche o territoriali.
Il titolo della mostra “tiratiaporta” si riferisce all’immagine di Giufà, il vagabondo briccone che, con uno sguardo lontano verso il mare e una porta sulle spalle, dal mondo arabo approda in Sicilia. Quella porta, interpretando letteralmente l'espressione siciliana "tiratiaporta", utilizzata un attimo prima di allontanarsi, diventa corpo, entra e esce da un luogo. Giufà appunto si porta la porta e l’innocente follia del suo gesto si sovrappone naturalmente alle opere degli artisti invitati, come metafora di ciò che portiamo con noi ovunque e sempre.